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La faccia tirata è da gregario delle due ruote, polpacci d'acciaio e volontà ferrea. Pensare che, fino a qualche mese fa, quella faccia era illuminata solo dal neon di un ufficio. Dalla sua vetrina sulla pista ciclabile del parco della Martesana Piero Grassi ha deciso che vent'anni in una multinazionale farmaceutica potevan bastare. Scartata l'idea di aprire una salumeria di pregio o un ferramenta, per cambiare vita ha votato la terza mozione:
puntare tutto su un'officina di biciclette. Così un deposito inutilizzato nella corte della cascina dove abita, è diventato «Cascina Quadri in bici», dove ripara e vende biciclette lungo la Martesana.
«Nel weekend qui davanti passa un putiferio di gente, ormai resto aperto anche il sabato» dice l'ex manager 50enne. La sua vetrina è il negozio con vista sulla quotidiana sfilata di mamme coi passeggini, jogger, ciclisti dell'ultima ora o semi professionisti dal passo felpato. Un enorme manifesto fa da esca. In mezzo scorre il naviglio, con le oche e le anatre. Non è Amsterdam, ma potrebbe ricordarla. Centro metri dopo il ponte c'è la bottega.
Il cappellino di lana va e viene dalla testa come i ciclisti di una volta in cima al Tourmalet. «Un paio di anni fa volevo comprare una bicicletta e in zona non trovavo niente» racconta. La prima riparazione ad aprile scorso. «Nell' altra vita lavoravo meno. Uscivo dall'ufficio alle sei e mezza e staccavo veramente. Ora, entro in officina alla mattina e ci resto fino alle sette e mezzo, poi la sera sono al computer a curare gli ordini e ad aggiornarmi su siti specializzati e riviste di settore». Una media di tre quattro riparazioni al giorno, forature escluse. Restyling completi, chi compra pezzi, chi cambia i pedali.
Soprattutto quando piove in negozio si crea una sorta di dopo tappa in dialetto milanese. C'è chi passa per comprare biciclette di marca, chi un usato sicuro («in giro recupero solo i pezzi migliori»). C'è la bicicletta senza pedali per i bambini che devono imparare l'equilibrio o quella con ombrello installato al manubrio per adeguarsi all'inverno meneghino risparmiando le mani. Ma da Grassi si passa soprattutto per comprare bolidi da pista assemblati dalle sue mani. Modelli unici, impossibile trovarne in giro un'altra uguale.
Per sapere quanto lavorerà in settimana gli basta dare un occhio alle previsioni del tempo: «Fino a ottobre ho lavorato tantissimo, adesso viene soprattutto la gente di quartiere, sono l'unico in zona».
Una passione per la bicicletta maturata trent'anni fa, quando suo fratello gli regalò una mountain bike: «La usavo sul Lago Maggiore, mai una gara ma tante scalate: lì ho conosciuto il sapore della sofferenza». L'amore per la meccanica invece sbocciò molto prima. Una questione di famiglia. Suo padre, medico, è cresciuto mettendo le mani nei macchinari della fabbrica di cioccolato del nonno: «Io e i miei fratelli nelle moto di papà. In famiglia è sempre stata una regola: i guasti si riparano in casa».
Oggi, la soddisfazione è «poter essere artefice della mia attività al cento per cento, dall'idea allo sviluppo». E poi si torna giovani. Per autopromuoversi Grassi fa volantinaggio davanti all'università. E gira in bici per Milano. «Così provo i modelli e posso essere credibile con i clienti». Astinenza da scrivania? «Nessun ripensamento, anche se adesso ogni problema me lo devo gestire da solo. Prima, almeno, potevo condividerlo con gli altri».
Landi Stefano
Pagina 19
(23 novembre 2011) - Corriere della Sera |
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http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/23/manager_che_ora_pedali_co_7_111123046.shtml |
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